Da giorni ormai la contrapposizione tra il numero dei morti, le persone contagiate e le persone in terapia intensiva si alimenta violentemente se affiancata all’idea di quando ripartirà il campionato di calcio…
Un trafiletto editoriale sulla maggior parte dei quotidiani ci dice che ieri sono morte altre 600 persone, in quello successivo leggiamo che la Lega di Serie A si riunisce per decidere su quando ripartiranno gli allenamenti e le partite.
E’ vero, il calcio in Italia é di vitale importanza, probabilmente per molti ancor più di un respiratore da terapia intensiva.
Questo rende la vita delle persone meno importante o almeno non così importante rispetto ad un sistema calcio che sembra dominare buona parte dell’economia italiana.
E’ vero, nel calcio italiano girano davvero tanti soldi e come tutto quello che fa girare soldi, ottiene il suo peso nelle decisioni importanti.
Il campionato deve ripartire, gli allenamenti riprendere e i calciatori solcare quanto prima quei campi di calcio che tanto attirano l’attenzione degli italiani.
Il rischio default é dietro l’angolo, tra sponsors e diritti d’immagine. Ormai ogni calciatore é una piccola azienda che contribuisce al fatturato di un’azienda più grande che é la sua stessa squadra, dunque semplici conti economici.
Soldi, tanti soldi, che immobilizzati non producono reddito e portano ad avere perdite importanti.
Non ha nulla a che vedere la passione o la volontà di regalare agli italiani qualche partita di calcio per rendere più piacevole questo lockdown.
Sono soldi che muovono altri soldi.
Senza questo movimento, tutto rischia di incepparsi e per molti vorrebbe dire fallimento immediato.
Ecco perché il calcio deve ripartire, costasse di far indossare ai calciatori maschere antigas e tute da sub… bisogna ricominciare, altrimenti si rischia il default.
Ecco perché dare fiato al calcio per qualcuno é più importante che dare fiato a qualche vita umana in più.
Perché il calcio in Italia conta di più della salute?

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