La notizia che ha fatto più rumore é stata quella che riguarda il colosso del caffè, Starbucks che sta valutando di lasciare per sempre la piattaforma di Facebook per via delle frustrazioni relative a commenti di odio su post razziali e sulla giustizia sociale.
Come Starbucks sembra che molte altre aziende stanno rivalutando la necessità di continuare ad essere presenti su Facebook come su Instagram. La gestione dei dati era una cosa, mai chiarita peraltro, sulla quale dovremmo chiudere un occhio secondo loro.
Ma la gestione del social, dei commenti e dei post inaccettabili deve essere una questione che riguarda Facebook e solo loro. Non importa quanto lavoro richiederebbe, ma o si alza il livello di controllo, o questo odio va fermato. Ancora di più se questo odio alimenta accessi da capogiro che permettono entrate pubblicitarie stellari.
Dunque in pratica si sfruttano gli accessi per fare numeri e giustificare spazi pubblicitari… non importa se buona parte alimentato dall’odio razziale e dalla cattiveria oltre che dalla perversione.
L’incitamento all’odio non viene regolamentato e questo contrasta con il buon senso commerciale di qualsiasi azienda che a questo punto valuta i pro e i contro di essere parte di una community non regolamentata.
Nel giugno dello scorso anno, centinaia di aziende si sono unite in un boicottaggio per interrompere la pubblicità su Facebook come parte della campagna “Stop Hate for Profit”, che ha cercato di spingere la rete ad adottare un approccio più duro contro i contenuti razzisti e odiosi.
Ma in realtà, come successo con la gestione dei dati di coloro che si iscrivevano a Facebook, la non regolamentazione di questa situazione lascia più spazio al business puro che al rispetto e questo un grosso brand non può permetterlo.
Alcune grandi aziende stanno pensando di lasciare Facebook

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