Mentre il presidente Donald Trump aumenta la retorica alimentando le divisioni razziali nel paese, quando gli viene chiesto di prendere posizione in merito alla discussione sulla bandiera confederata, lui risponde che, è “molto semplice – è la libertà di parola”.
“Fai quello che fai, è la libertà di parola. Alla NASCAR possono fare quello che vogliono, e hanno scelto di andare in un certo modo, in una specifica direzione, altre persone scelgono di percorrere una strada diversa, questa è libertà di parola”.
La bandiera è diventata un punto di infiammabilità in quel dibattito sempre più amaro – amplificato da Trump mentre cerca di riguadagnare terreno perduto in una campagna per la rielezione decisa da come ha affrontato e saprà affrontare la pandemia.
Lui stesso ha definito il momento attuale un periodo delicato che vede all’interno del suo paese una vera e propria “guerra di culture”.
Statue rovesciate o distrutte, imbrattate o mutilate, sono un segno di cambiamento, un’espressione di disapprovazione. Alla fine forse persino una libertà di opinione, certo ben marcata, certo discutibile, ma pur sempre un modo per dire la propria.
L’America deve trovare il modo di unire queste culture, imparando dal passato per programmare insieme un futuro in cui tutti possano avere il giusto peso, e possibilmente lo stesso identico peso per tutti.
Trump ammette che l’America sta attraversando una guerra di culture

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